Nel
            2001 si è celebrato il ventennale della nascita del primo Personal
            Computer avvenuta nell’agosto del 1981 a New York. Tutti i
            principali giornali hanno dedicato ampio spazio a questo evento, ma
            pochi forse sanno che a tracciare la strada è stato, negli anni 60,
            un italiano geniale, Pier Giorgio Perotto.
            La
            nostra storia inizia nel l964 in Italia. Un giovane ingegnere
            dell’Olivetti, docente al Politecnico di Torino, da il via a una
            vera rivoluzione informatica inventando il progenitore
            dell’attuale PC: la P101.
            Come prende
            vita, chiediamo o Pier Giorgio Perotto, e si evolve la storia deI
            primo ”computer personale”, la Programma 101 soprannominata
            familiarmente la Perottina?
            La
            realizzazione della P101 è certamente il risultato più notevole
            dell’iniziativa di Adriano Olivetti di creare in Italia, ancora
            negli anni 50, un laboratorio di ricerche elettroniche, dedicato
            allo studio dei computer. II laboratorio ebbe la sua prima sede a
            Pisa, e io feci parte del piccolo gruppo di ricercatori che,
            affascinati dell’idea di lavorare in un settore ricco di
            prospettive di grande innovazione, cominciarono a progettare le
            prime macchine. II progetto principale del laboratorio di Pisa fu
            I’Elea 9001, che apparteneva alla categoria dei mainframe ossia
            dei grandi computer di centro, non potendosi con le tecnologie di
            allora realizzare prodotti adatti all’ufficio. 
            lo
            pero mi dedicai a esplorare alcune possibili nuove vie, come quelle
            di apparecchiature elettroniche che collegassero periferia e centro
            (da questo filone nacque il primo convertitore a nastro perforato
            – schede, che consentiva I’ingresso automatico dei dati nel
            mainframe e fu il primo prodotto elettronico realizzato da Olivetti),
            come pure la sia pur lontana possibilità di realizzare computer da
            tavolo, piccoli e di basso costo. Ero particolarmente attratto da
            queste ricerche, perché subito dopo la laurea avevo lavorato come
            ricercatore al Politecnico di Torino ed ero rimasto colpito dalla
            mancanza di strumenti di calcolo di uso personale che affliggeva i
            ricercatori, per i quali I’accesso al lontano mainframe era
            complicato o quasi impossibile. Purtroppo allora gli strumenti
            utilizzabili erano solo le calcolatrici meccaniche senza programma,
            che ci facevano lavorare con I’angoscia continua di aver commesso
            degli errori e con una fatica mentale oggi inimmaginabile. 
            Quando
            lei ha iniziato a lavorare alla P101, era già avvenuta la cessione,
            da parte dell’ Olivetti, della divisione elettronica a General
            Eletric. Fu
            è
            chiaro, con questa manovra, da parte
            del
            management, che I’elettronica, considerata troppo avveniristica,
            facesse parte del core business della società. Quali fatti spinsero
            I’azienda a muoversi in questa direzione ?
            Purtroppo
            I’iniziativa elettronica di Adriano venne messa in crisi dalla
            prematura morte del suo artefice avvenuta nel 1960, che determinò
            in azienda un clima di grande incertezza, nel quale nessuno osava più
            prendere decisioni. Bisogna tenere presente che I’iniziativa
            elettronica di Adriano era vista con perplessità, per non dire con
            ostilità, dentro e fuori Olivetti. Disgraziatamente, alla morte di
            Adriano si aggiunse una pesante crisi economica, con la quale si
            concludeva I’epoca del cosiddetto ”miracolo economico
            italiano” e anche Olivetti ne risentì, obbligandola a ricercare
            nuovi finanziatori disposti a intervenire per il salvataggio della
            società.
            Si
            formò un gruppo di intervento, capitanato da Fiat e Mediobanca (già
            allora con I’intramontabile Cuccia), che però non nascose la sua
            ostilità verso I’iniziativa elettronica e i relativi
            investimenti. 
            Ricordo
            una frase di Valletta che in un Consiglio di Amministrazione disse:
            ”La società di Ivrea e strutturalmente solida e potrà superare
            senza grosse difficoltà il momento critico. Sul suo futuro pende
            pero una minaccia, un neo da estirpare, I’essersi inserita nel
            settore elettronico, per il quale occorrono investimenti che
            nessun’azienda italiana può permettersi”. 
            Facciamo
            un passo indietro per conoscere meglio I’ambiente dove hanno preso
            vita e si sono sviluppate queste idee avveniristiche. Adriano
            Olivetti, presidente dell’omonima azienda fino al 1960, anno della
            sua morte, è stato descritto come un uomo dotato di carisma e doti
            manageriali tali
            da
            guidare uno multinazionale italiano con gli strumenti propri di uno
            piccolo azienda ottocentesca. 
            Era
            anche un uomo intraprendente e lungimirante che aveva capito
            l’importanza dell’introduzione dell’elettronica
            nell’azienda. Quanto ha attinto alla figura di Adriano Olivetti?
            Adriano
            Olivetti era un uomo con una molteplicità di interessi che andavano
            dall’urbanistica, alla sociologia, al disegno industriale,
            all’architettura. Inoltre la sua visione dell’impresa era quella
            di una organizzazione proiettata verso fini che trascendevano il
            profitto, ma che privilegiavano I’elevazione sociale e culturale
            dei sui dipendenti e I’impegno a migliorare I’ambiente nel quale
            I’impresa operava. Per lui I’innovazione era una delle
            condizioni chiave per lo sviluppo e credo che in questo spirito si
            collocasse la sua azione di precursore verso I’elettronica e I’informatica
            (il termine allora non era ancora stato inventato!). Io sono
            convinto che Adriano vedesse nell’elettronica una sorta di
            urbanistica del mondo immateriale dell’informazione, come scienza
            regolatrice e apportatrice di ordine, cosi come I’urbanistica
            fisica lo e nel progetto delle città. 
            Ma
            importante è rilevare che, mentre nell’establishment industriale
            di allora, Adriano veniva visto quasi come un visionario, in realtà
            egli fu un grande imprenditore che proiettò Olivetti sui mercati
            internazionali, facendone, a mio avviso, una delle prime imprese
            globali ante litteram. II suo spirito inoltre permeò I’intera
            azienda, tanto che dopo la sua scomparsa i suoi valori rimasero in
            Olivetti, a dispetto della miopia di coloro che vennero dopo di lui.
            Anzi, io sono convinto che, proprio in virtù del permanere diffuso
            di tali valori, io potei avere, nel realizzare la P101, il supporto
            informale e sotterraneo di tanti collaboratori in azienda, malgrado
            un indirizzo strategico opposto del nuovo vertice olivettiano.
            Pensi
            allo sgomento con cui vedemmo comparire, nel 1964, proprio alla
            vigilia della rivoluzione microelettronica, che di lì a qualche
            anno avrebbe rivoluzionato il mondo intero, sulla rivista Business
            Week, una intervista del dottor Peccei, allora amministratore
            delegato di Olivetti, nella quale si diceva: ”Olivetti troverà
            nella meccanica le chiavi del suo futuro successo”!. 
            Che
            aria si respirava in quel periodo a lvrea, che basava le sue
            prospettive
            di
            sviluppo su Olivetti e viveva in osmosi con I’azienda stessa? Come
            poté lei realizzare la P101 in un’azienda che aveva rinunciato
            all’elettronica? Quali furono le condizioni di
            successo che
            caratterizzarono questo drammatica vicenda? 
            Ivrea
            era ed e tuttora una specie di ”Company Town”, fortemente
            condizionata dalle sorti di Olivetti. lo pero iniziai il mio lavoro
            sulla P101 a Milano in ”territorio”, possiamo dire, General
            Eletric, essendo appena maturata I’infausta cessione di tutta la
            divisione elettronica (di cui io facevo parte), a questa azienda
            americana, che era da poco entrata in forze nei settore dei
            computer, con I’obiettivo supremo di fare concorrenza a IBIVI,
            leader del mercato. 
            Ma
            a causa di alcuni contrasti sorti con gli americani, che chiaramente
            non erano per nulla interessati alle mie ricerche ma che vedevano
            nella divisione elettronica di Olivetti una pura base commerciate
            per il mercato italiano, io pur restando a Milano venni restituito a
            Olivetti, diventando, con il mio piccolissimo gruppo di
            collaboratori, I’unico presidio di Olivetti dedicato a occuparsi
            di nuove tecnologie. II formale rientro in Olivetti fu fondamentale
            per il successo della P101, perché io, pur lavorando quasi in
            clandestinità e nel totale disinteresse del nuovo management (tutto
            proteso a realizzare, incredibile a dirsi, il rientro nella
            meccanica), potei valermi di molte risorse pregiate esistenti in
            azienda che mi consentirono la concreta realizzazione della ”Perottina”.
            Tralasciando il racconto di tutte le drammatiche vicende di tale
            periodo (che peraltro ho raccontato nel libro ”Programma 101”
            edito da Sperling & Kupfer), si può dire che lo show-down
            avvenne in occasione della grande fiera dei prodotti per ufficio di
            New York dell’ottobre 1965, nella quale Olivetti aveva deciso di
            presentare in pompa magna tutti i nuovi prodotti meccanici e, in un
            angolino, anche la P101, per dimostrare, pur senza molta
            convinzione, che qualche ricerca innovativa continuava a essere
            fatta. Fu in quell’occasione che il pubblico, la stampa americana
            e tutti gli opinion leader decretarono il successo del ”first desk
            top computer of the world” e I’insuccesso di quelli meccanici.
            Con la produzione della P101, che venne venduta in tutto il mondo,
            Olivetti trovò il coraggio e (a forza di attuare il suo rientro e
            la sua riconversione verso I’elettronica, purtroppo con un ritardo
            di qualche anno. lo potei esserne testimone diretto in quanto, dopo
            il licenziamento del gruppo di intervento e la nomina di un nuovo
            amministratore delegato, venni nominato direttore generale della
            Ricerca & Sviluppo della società. 
            Sembra
            che con l’avvento e l’evoluzione corrente delI’informatica sia
            stata raggiunta la frontiera dell’inventabile, inteso come limite
            alla concezione e alla fantasia più sfrenata dell’uomo. Pensa che
            ci sia invece ancora spazio per qualcosa di veramente rivoluzionario
            e inimmaginabile? 
            Sono
            del parere che effettivamente le tecnologie che stanno alla base
            dell’informatica abbiano subito negli ultimi anni uno sviluppo che
            mai si verificò prima d’ora e che non è avvenuto in nessun altro
            settore tecnologico. Però la loro traduzione in applicazioni,
            soprattutto nei settori connessi alle reti e ai relativi servizi fa
            pensare che molta strada sia ancora aperta davanti a noi. Dobbiamo
            tenere conto del fatto che negli ultimi anni le potenzialità
            intrinseche delle tecnologie ICT non sono solo state rivolte a far
            crescere quantitativamente
            le prestazioni dei prodotti e dei servizi, ma, molto opportunamente,
            a rendere più semplici, facili e piacevoli i rapporti tra I’uomo
            e le macchine (si pensi all’interfaccia grafica che è ormai una
            specie di linguaggio universale usato da tutti). E tutti sappiamo
            che semplicità e piacevolezza hanno un costo altissimo in termini
            di complessità interna, nascosta. Ebbene in questo campo non vedo
            limiti all’innovazione possibile, almeno fino a quando non potremo
            utilizzare Internet e fare, ad esempio, acquisti sul Web con la
            stessa semplicità e naturalezza con le quali la massaia frequenta
            un supermercato o guarda la TV. 
            Lei
            ho avuto un percorso di carriera eterogeneo. E’ stato un geniale
            inventore, e tuttora docente universitario, si
            occupo
            attualmente di consulenza direzionale e informatica, nonché
            di
            formazione; ha scritto numerosi libri. Quello che sembra accomunare
            tutte queste attività è la creatività. Cosa le ha apportato
            dal
            punto di vista personale e come è stata percepita dalle persone che
            l’hanno conosciuta?
            L’invenzione
            della Programma 101 e la successiva opera di trasformazione della
            vecchia Olivetti, tutta meccanica, in un’azienda di elettronica e
            di sistemi mi ha messo di fronte a formidabili problemi umani e
            organizzativi che ho dovuto risolvere, in parallelo con quelli
            strettamente tecnici. Ho pensato che poteva essere utile mettere a
            disposizione di tutti queste esperienze, documentarle, e trarne
            soluzioni che potessero essere utilizzate più in generale dalle
            aziende che devono affrontare profondi problemi di trasformazione e
            di innovazione. 
            Mi
            sono convinto anche che le innovazioni tecnologiche che
            costituiscono un break-trough, come la P101, sono rare, ma non meno
            importanti sono le microinnovazioni diffuse che un’azienda vitale
            deve favorire da parte di tutti i suoi dipendenti e che riguardano
            praticamente qualsiasi settore di ogni azienda. La nostra società,
            Finsa Consulting, ha potuto fare tesoro di tali concetti, vissuti e
            sofferti con esperienze dirette, e farne la base concettuale e
            metodologica della sua offerta di formazione e di consulenza
            direzionale. Quasi tutti i libri che ho scritto hanno un filo
            conduttore comune che può essere espresso nella parola chiave
            ”innovazione”. 
            Parliamo
            un po’ dei suoi libri. Lei ne ho scritti numerosi. Ne spiccano
            alcuni dedicati alla gestione aziendale e ai suoi manager. Uso il
            termine spiccano perché ha saputo trattare argomenti generalmente
            specifici e ammettiamolo, anche un po’ seriosi, con leggerezza di
            scritturo e un po’
            di
            ironia, evidenziando talvolta i paradossi e il grottesco di uno
            cultura del management, nella fattispecie dello realtà italiana, mo
            non solo. Ritiene
            che
            questi suoi libri debbano
            essere
            un monito semiserio per gli addetti ai lavori? 
            Penso
            che lei si riferisca al mio ultimo libro, intitolato: ”Come fare
            carriera nelle aziende delI’era digitale” (Angeli editore,
            2001), nel quale il sottotitolo ”Manuale scandaloso di
            management” rende bene I’idea della provocazione e delI’ironia.
            Infatti, ho notato che quasi tutta la lettura manageriale di ultima
            generazione, soprattutto americana, sia ormai assimilabile a una
            manualistica di psicologia applicata per non dire di psichiatria,
            nella quale sembra che il successo di un’impresa dipenda quasi
            esclusivamente dalle buone maniere dei manager e dai loro
            comportamenti interpersonali. C’e ovviamente del vero in tutto
            questo e ne fa fede I’importanza della motivazione delle risorse
            umane aziendali (alle quali ovviamente anche noi dedichiamo la
            massima attenzione), pero est modus in rebus e non si può
            presentare queste ricette con la paludata seriosità di leggi o
            teorie scientifiche; tanto vale prendersi un pò in giro, sicuri di
            poter ottenere più attenzione e, forse, anche risultati migliori e
            più profondi nei processi di cambiamento. Uno dei miei concetti di
            fondo nella formazione e che si impara di più divertendosi che non
            annoiandosi disperatamente! 
            Vorrei
            citare un altro mio libro dal titolo abbastanza significativo:
            ”Cambiare pelle per salvare la pelle” (Angeli Editore), perché
            nasce dal frutto di esperienze vissute in Olivetti e in molte altre
            aziende hightech che mi hanno convinto dell’importanza per un
            manager di saper capire e disegnare gli scenari nei quali
            un’azienda opera, non solo al fine di individuare la direzione
            verso la quale si sta andando, ma soprattutto per costruire una
            strategia che in qualche misura sappia anticipare gli eventi. Nel
            clima instabile e turbolento che si profila davanti a noi penso che
            possa essere una lettura utile.
            Identikit della P101
            La
            Olivetti P101, nacque nel 1965 e, nonostante nella forma
            assomigliasse più a una calcolatrice che a un PC dei giorni nostri,
            del personal aveva molte delle caratteristiche. Prima di tutte
            quella di essere uno strumento personale di elaborazione dati,
            dotato di un programma che poteva essere registrato in memoria; un
            supporto per l’introduzione e l’uscita dei dati con schede
            magnetiche intercambiabili; una veloce e compatta stampante a
            tamburo da 30 colonne e un semplice sistema di progettazione con un
            linguaggio facile da apprendere in poche ore anche da un utente non
            specializzato; inoltre era fornita di una libreria di programmi di
            tipo matematico, statistico, finanziario.. La P101 era in grado di
            fare velocemente le operazioni aritmetiche elementari, in più
            poteva essere programmata dall’utente con un massimo di 120
            istruzioni, scelte fra 15 funzioni disponibili (le aritmetiche gia
            citate, di input e di output, di salto). Come supporto di
            memorizzazione, si fece ricorso a schede cartacee con banda
            magnetica, capaci di memorizzare fino a 250 caratteri. 
            
            Si
            era pensato che questa storia avrebbe potuto offrire spunti per
            raccogliere ricordi ed esperienze di coloro che usarono
            personalmente o adottarono all’interno delle loro aziende la
            Programma 101, come pure per permettere scambi di opinioni
            sull’informatica di ieri, di oggi e del futuro. Si era quindi
            deciso di aprire un forum di discussione nel sito di FIDA Inform
            www.fidainform.org dal titolo: Dalla Programma 101 a ... di cui Pier
            Giorgio Perotto avrebbe dovuto essere il moderatore. Ciò, come
            tutti sanno, non sarà più possibile perché Pier Giorgio Perotto
            è venuto a mancare lo scorso gennaio, all’età di 71 anni. Ci
            dispiace infinitamente pubblicare questa sua intervista postuma,
            avremmo preferito che lui la potesse leggere e riscuotere quindi
            tanti dei meritati plausi che gli sono venuti a mancare quando
            sarebbe stato il momento giusto. Fa un certo effetto ”sentirlo”
            rispondere alle nostre domande, ”vederlo” in queste pagine e
            sapere che non c’e più, e stato infatti uno di quegli uomini che
            sembra non dovrebbero morire mai e di cui comunque si continuerà a
            sentire la presenza nella storia della tecnologia,
            dell’evoluzione, dell’innovazione 
            che
            lui amava cosi tanto e che continuerà a perpetrarsi in un futuro
            che correra continuamente a rinnovarsi, a reinventarsi, a vivere e a
            rivivere nelle sue creazioni. Ricordiamo che nel 1991 Perotto
            ricevette il premio internazionale ”Leonardo da Vinci” per la
            Programma 101 e per un’altra creazione, la Et101, una macchina
            elettronica che proponeva un sistema gia evoluto di scrittura in
            video. Definito uomo eclettico, anticonformista, poco adatto a
            ubbidire, ricordiamo con infinito piacere anche la sua vena ironica
            e il suo sottile sarcasmo in quel dirompente ”Manuale scandaloso
            di management” che avevamo recensito a pag. 54 del n. 21 di Fida.
            Un libro che svela anche l’amore di Perotto per la verità, sempre
            e comunque, anche e soprattutto quando ci si deve opporre ai tabù e
            alle ipocrisie della oltretutto noiosissima letteratura manageriale,
            e della lotta ”di classe” fra il potere delle persone e il
            potere delle strutture, da cui non potrà che uscire vittorioso
            ”il lavoratore della conoscenza, l’uomo del sapere”.
            Disegnando questo sogno se ne e andato Perotto e il suo sorriso vuol
            dirci che non sara un’utopia. 
            Io lo ricordo così di Claudia
            Bongiardina
            La
            genialità, l’estrosità, la profonda conoscenza tecnica la
            creatività, la vasta cultura, la carica umana. Questi sono alcuni
            degli elementi che caratterizzavano la personalità composita di
            Pier Giorgio Perotto, scomparso lo scorso 23 Gennaio. A me piace
            ricordarlo anche con un’espressione con la quale l’ho sentito
            definire una volta: ”Pittore dell’Informatica”. Non conoscevo
            Perotto, prima del mio ingresso nel Club CTI Liguria, al quale il
            suo nome si lega strettamente, e di cui è stato presidente fino al
            Maggio del 2001. E non conoscevo nemmeno la storia entusiasmante
            della pionieristica nascita della P101, la sua ”Perottina”, ne
            tantomeno quella dell’uomo. Se prima di questo incontro mi
            avessero chiesto come mi immaginavo potesse apparire un inventore,
            magari proprio quello del personal computer, sicuramente
            l’immagine che avrei delineato, non sarebbe potuto essere più
            antitetica del ritratto del poliedrico e geniale ingegnere di Ivrea.
            Nell’Ottobre del 2001, in occasione dei festeggiamenti per il
            ventennale dell’invenzione del primo Personal Computer, feci
            un’intervista, per questa rivista, a Pier Giorgio Perotto, che per
            motivi di spazio non fu possibile pubblicare nello scorso numero. La
            prima cosa che mi colpì, quando ci incontrammo e quindi ebbi nodo
            di restare a lungo in sua compagnia, fu il suo sguardo. Raramente ho
            visto uno sguardo così curioso del mondo ed in grado di comunicare
            istantaneamente la forte carica interiore che dimorava in lui.
            immagino sia stato il desiderio di appagare questa curiosità, che
            mai si è estinta, che lo ha portato a percorrere le tante strade
            che ne hanno fatto una persona unica. L’Italia del passato si è
            sempre contraddistinta per la grande genialità. Quella dei vari
            Leonardo da Vinci, Cristoforo Colombo, per fare un esempio,
            personaggi in grado di sfidare l’incredulità e la cecità di ogni
            periodo storico. Oggigiorno è più forte la paura, come spesso
            amava ricordare lo stesso Perotto, quella di osare, di correre dei
            rischi, che è proprio ciò che mette un freno alla creatività.
            Egli ha saputo invece proporsi come un moderno visionario, in grado
            di saper interpretare il futuro e le sue esigenze, un coraggioso
            capace di difendere le proprie idee senza condizionamenti di sorta,
            sapendo dosare tecnicismo ed estrosità. L’esempio del successo
            ottenuto con la P101 prima, e con tutte le altre molteplici attività
            poi, lo rende un modello da cui i creativi di oggi e di domani
            dovrebbero prendere ispirazione. Un successo raggiunto e gestito nel
            modo che gli era più congeniale, da persona schiva, dote oramai
            rara in una società in cui l’apparire e l’esibirsi sono dei
            must ritenuti necessari per decretare il successo personale. Per la
            caratteristica del suo carattere, il riconoscimento del suo grande
            valore non è stato forse molto eclatante, ma sicuramente più vero
            e duraturo. E a quello decretato dalle voci più autorevoli si e’
            aggiunto quello fatto della stima, dell’apprezzamento,
            dell’affetto e delle dimostrazioni di amicizia da parte di tutti
            colori che lo hanno conosciuto e hanno avuto modo di apprezzare il
            suo lavoro.